Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha convocato una riunione presso la Direzione Nazionale del Pd, in via del Nazareno, per blindare la riforma elettorale
“Chiedo un voto sulla legge elettorale”
e imprimerle una forte accelerazione. L’obiettivo è arrivare all’ok prima delle regionali evitando un nuovo passaggio al Senato dove i numeri sono a rischio. Il testo torna in Aula a Montecitorio il 27 aprile. La minoranza chiede interventi in particolare sul premio di maggioranza e sui capilista bloccati. Alla Direzione del Pd il premier dice: “Chiedo oggi un voto sulla legge elettorale come ratifica di ciò che abbiamo fatto e come mandato per i prossimi mesi. E aggiunge: “Chiedo un voto vedendo nella legge elettorale lo strumento decisivo per la qualità e l’azione dei governi che verranno ma anche per la dignità e la qualità di questo governo”. Poi spiega: Questa legge elettorale “affida a qualcuno il compito e il potere di rimuovere ogni alibi. Ciò è accaduto con elezione diretta del sindaco e questo è l’elemento chiave della legge elettorale. Il punto chiave di tutta la riforma è il ballottaggio”. Renzi conclude: “Credo che entro il 27 aprile” l’Italicum dovrà “essere in Aula come calendarizzato, e a maggio dobbiamo mettere la parola fine a questa discussione. Se vogliamo far sì che il 41% sia un investimento sul futuro, è giunto il momento di decidere, continuare a rimandare non serve a nessuno”. Anticipando la votazione di oggi, Pippo Civati, in una lettera a Rosy Bindi, Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre, Francesco Boccia e Stefano Fassina, fa due proposte. La prima è non partecipare al voto in programma oggi, dicendo: “La trasformazione della direzione in un plebiscito e aut aut non aiuta affatto e di per sé costituisce una risposta definitiva alle richieste di confronto venute da più parti. Facciamo le proposte in Aula, in coerenza con quanto accaduto in Senato: riproponiamo la questione complessiva delle riforme, come peraltro avevo chiesto si facesse anche per il voto finale in Aula sulla riforma costituzionale”. La seconda proposta di Civati alle minoranze è: “Facciamo un unico intervento che ci rappresenti: definiamo una volta per tutte il campo di chi è in minoranza, perché le ambiguità di questi mesi non hanno fatto altro che creare confusione. Una minoranza che non si preoccupi delle sigle e dei posizionamenti, ma dei contenuti e della qualità della nostra democrazia. Non interessata ai posti, ma al pluralismo e alle garanzie”. Il capogruppo Pd e leader di area Riformista Roberto Speranza, lancia “un appello”, affinché “sia utilizzato ogni margine possibile” per trovare una intesa sull’Italicum dentro il Pd, evitando una spaccatura, con la quale “le riforme sarebbero più deboli e non più forti”, dicendo: se questa apertura non ci sarà, Area riformista non parteciperà al voto della Direzione. Alfredo D’Attorre dice: “Parteciperemo alla discussione, il timore è che possa risolversi nella solita esibizione muscolare ad uso streaming” e in “una conta”. “L’unico risultato sarebbe di spostare il vero confronto in Parlamento”. E annuncia di avere “pronti degli emendamenti”. Il metodo è “un tavolo di lavoro con tutti i soggetti impegnati sul tema, per definire un ristretto pacchetto di modifiche. Dopodiché ci si impegna, con tutto il Pd unito, a fare in modo che la legge elettorale che esce dalla Camera non venga più toccata al Senato e la riforma costituzionale che si modifica al Senato, non subisca più nessuna ulteriore modifica nel suo iter”. Pier Luigi Bersani dichiara: “Al segretario tocca il compito d’ufficio di tentare la sintesi, affrontando il tema e parlandone nel merito”. Bersani si è augurato che da parte del premier non ci sia un “aut aut, spero non sia così”. Stefano Fassina spiega: “Credo che sia sbagliata una forzatura sul voto. Io non parteciperò”. Rosy Bindi premette: “Non faccio parte della direzione del partito ma mi sento impegnata in Parlamento a modificare una legge elettorale che presenta ancora limiti molto forti”. Poi aggiunge: “Auspico perciò che in Direzione si faccia un confronto vero e approfondito sui diversi nodi ancora aperti e non l’ennesima conta per una ratifica di scelte che non producono le riforme istituzionali di cui ha bisogno il Paese e la nostra democrazia. Le riforme servono ma vanno fatte bene pensando al futuro e non alle convenienze del presente”. Il capogruppo di Sel a Montecitorio Arturo Scotto riflette: “Penso che Matteo Renzi tenda a confondere il Parlamento con la Direzione nazionale del Pd. E questo è inaccettabile. Su un tema delicato come la legge elettorale ci dovrebbe essere un’ampia convergenza di forze e non un regolamento di conti interno al Partito Democratico”. Gianni Cuperlo afferma: “Non parteciperò al voto finale, come anche altri: non mi arrendo all’idea che su un tema così decisivo la prima fondamentale unità non si possa cercare all’interno della nostra comunità”, e propone di modificare i punti dei capilista bloccati e del non apparentamento al ballottaggio.