Panama Papers. Si dimette il premier islandese

Panama Papers. Si dimette il premier islandese

Il premier islandese, Sigmundur Gunnlaugsson.

Un gigantesco scandalo, che ha al centro i  Panama Papers, sta facendo  tremare  leader e vip di mezzo mondo. Si tratta dei documenti trapelati da una delle quattro società più importanti del mondo che si occupa di creare e gestire, per conto dei suoi clienti, società in “paradisi fiscali”, paesi, cioè, dove le condizioni fiscali sono privilegiate. Si chiamano Panama Papers perchè lo studio panamense d’intermediazione legale e finanziaria coinvolto, non molto noto, specializzato in paradisi fiscali,  Mossack Fonseca, ha sede a Panama ma opera in 42 paesi e ha 600 dipendenti in tutto il mondo.

I “paradisi fiscali” sono paesi dove le condizioni fiscali sono privilegiate

I documenti riguardano le attività di Mossack Fonseca dall’anno della sua fondazione, il 1977, fino al dicembre 2015. Gli 11,5 milioni di documenti di cui si parla costituiscono la più grande fuga di notizie della storia, per quantità. Questi documenti contengono informazioni sulle attività di migliaia di società nei paradisi fiscali che la Mossack Fonseca gestisce (214.000), controllate da politici, capi di stato e banche di tutto il mondo per un totale di 14.000 clienti. I documenti riservati, sono stati consegnati al giornale tedesco Süddeutsche Zeitung da un dipendente della Mossack Fonseca che ha voluto conservare l’anonimato e che ha detto di aver rischiato la sua vita diffondendo i documenti. La Süddeutsche Zeitung, poiha condiviso i documenti ottenuti con il Consortium of Investigative Journalists (i cui 307 reporter sono stati per mesi impegnati ad esaminare le carte), che a sua volta ha chiesto aiuto ad oltre 100 organizzazioni giornalistiche di 80 paesi diversi, tra cui il Guardian, BBC, e l’Espresso, in Italia, per studiarli e analizzarli, diffondendoli la scorsa domenica sera.

Il presidente russo, Vladimir Putin.

Tra i personaggi coinvolti nello scandalo dei paradisi off-shore figurano 143 politici di tutto il mondo, tra cui sei parlamentari britannici, il primo ministro islandese Sigmundur Davíð Gunnlaugsson e altri 11 capi di stato e persone a loro vicine. Ma anche esponenti dello spettacolo, dello sport e dello show business, accanto a criminali e trafficanti. E l’elenco continua ad allungarsi di ora in ora. Ci sono persone e parenti vicine al presidente siriano Bashar Al Assad, ma anche il defunto Muammar Gheddafi e l’ex presidente egiziano Hosni Mubarak. Tra gli altri ci sono i nomi del presidente dell’Argentina Mauricio Macri, di parenti del presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev. Familiari di Xi Jinping, il re dell’Arabia Saudita e i suoi figli. Nei documenti anche società che sarebbero riconducibili a 33 sigle o individui inseriti nella lista nera degli Usa, per connessioni con i signori della droga messicani, con organizzazioni definite terroristiche come gli Hezbollah sciiti libanesi e con Stati come Corea del Nord o Iran. E capi di governo di Islanda e Pakistan.

Luca Cordero di Montezemolo.

Fra i nomi coinvolti Vladimir Putin, il suo arcinemico ucraino Petro Poroshhenko, alcuni dei più ricchi e influenti uomini d’affari di Israele, Leo Messi, funzionari d’intelligence. Ma anche Luca Cordero di Montezemolo, l’imprenditore Giuseppe Donaldo Nicosia, latitante e coinvolto in un’inchiesta per truffa con Marcello dell’Utri, l’ex pilota di Formula 1 Jarno Trulli oltre a Ubi e Unicredit. Tra i documenti spuntano una società che ha fornito sistemi elettronici militari all’India e la squadra di calcio milanese dell’Inter. Nuovi nomi continuano a venir fuori. Gli ultimi sono quelli dei leader dell’ultradestra francese Jean-Marie e Marine Le Pen e del neo presidente della Fifa, Gianni Infantino.

L’Australia è stato  il primo Paese ad aprire l’indagine, con 800  casi, alcuni dei quali saranno affidati a task-force speciali. In Italia il nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Torino, su delega della Procura della Repubblica del capoluogo  piemontese, ha avviato indagini per riciclaggio.

La leader del Front National, Marine Le Pen.

Il premier islandese Sigmundur Gunnlaugsson, travolto dallo scandalo Panama Paers, perchè accusato di aver usato, insieme alla moglie, una società offshore per nascondere ricchezze milionarie, si è dimesso. Si tratta della prima vittima dei Panama Papers e dello scandalo scoppiato domenica sera. Gunnlaugsson poco prima aveva chiesto lo scioglimento del Parlamento, ma il presidente Olafur Ragnar Grimsson l’aveva respinto. Ieri sera in Islanda, migliaia di cittadini erano scesi in piazza per chiedere le dimissioni del primo ministro.

“Il tesoro” del fondatore del Front National

Intanto, in Francia, coinvolti nello scandalo finanziario rivelato dai Panama Papers, sono Marine e Jean-Marie Le Pen. Secondo Le Monde, una parte della ricchezza, banconote, lingotti, monete d’oro, nota come “il tesoro” del fondatore del Front National, intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen, è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000.

Mentre si aggrava la posizione di David Cameron dopo che i media hanno divulgato nuovi dettagli sullo schema attraverso il quale il padre Ian avrebbe nascosto per decenni al fisco britannico le sue fortune di broker della finanza. Ian Cameron, morto nel 2010, avrebbe dirottato fin dal 1982 ingenti somme di denaro in Centro America, facendo ruotare in seno al board della sua società (la Blairmore Holdings), decine di prestanome caraibici. David Cameron, oggi, per la prima volta, durante un incontro pubblico a Birmingham, ha replicato alle accuse contenute nei Panama Papers e alle contestazioni dell’opposizione laburista: “Non ho azioni, né conti offshore, nè fondi offshore”.

Il neo presidente della Fifa, Gianni Infantino.

I Panama Papers, insieme ad altri documenti ottenuti dal Consortium of Investigative Journalists negli ultimi anni, hanno aiutato a ricostruire una rete di persone e società che gestiscono grandi ricchezze molto vicina al presidente russo Vladimir Putin. Il Guardian ha spiegato che il nome di Putin non compare in nessuno dei documenti ottenuti dai giornalisti ma che i documenti mostrano affari particolarmente vantaggiosi per persone a lui molto vicine e che “non avrebbero potuto compiersi senza il suo consenso”. Il presidente russo viene ritenuto coinvolto indirettamente attraverso la figura di Sergei Roldugin: un musicista, indicato fra i migliori amici del presidente russo e padrino di una delle sue figlie, che sarebbe il terminale almeno nominale di uno spostamento di due miliardi di dollari partiti da Bank Rossya, un istituto di credito guidato da Yuri Kovalciuk, che gli Usa sostengono essere una sorta di banchiere del Cremlino, indirizzati verso Cipro e il paradiso off-shore delle Isole Vergini Britanniche. Il Cremlino ha respinto i sospetti come una montatura, assicurando che Mosca ha i mezzi per difendere in sede legale la reputazione di Putin.

L’obiettivo è attirare più capitale possibile

Per combattere evasione ed elusione internazionale ormai quasi 100 Stati hanno sottoscritto regole internazionali. Panama fa parte di un gruppo di 11 Paesi che non accettano tali regole. Secondo il Global Forum, i Paesi poco propensi ad adottare canoni di trasparenza e regole comuni sulla lotta all’evasione sono 11: Brunei, Isole Marshall, Dominica, Micronesia, Guatemala, Libano, Liberia, Panama, Nauru, Svizzera, Trinidad e Tobago e Vanuatu.  Il paradiso fiscale è uno Stato che garantisce un prelievo basso o addirittura nullo di tasse sui depositi bancari. L’obiettivo è attirare più capitale possibile dai paesi esteri, fornendo in cambio assoluta riservatezza sulle attività finanziarie che hanno sede nella loro giurisdizione. Le amministrazioni locali possono cioè anche rifiutarsi di collaborare con le autorità di altri paesi per proteggere gli interessi delle società off shore.

Il primo ministro del Regno Unito, David Cameron.

Dal 1932 Panama è il paradiso fiscale per eccellenza ed oggi, con oltre 120 banche, è uno dei maggiori centri finanziari del mondo. Le società panamensi non hanno obbligo di presentare bilanci e/o dichiarazione dei redditi e possono essere amministrate da qualsiasi parte del mondo. L’unico adempimento è il pagamento di una Tassa Annuale (Tasa Unica) di 550 euro l’anno, a partire dal secondo anno di vita della società, da parte dell’agente residente incaricato di gestire la società offshore. Lo Stato si è impegnato ad aderire agli standard di scambio di informazioni dell’Ocse, sottoscritto da 96 Paesi, che partirà a livello internazionale nel 2017, ma non ha ancora specificato da quando. Il nuovo standard globale promosso da G20 e Ocse nel Global Forum si chiama Common Reporting Standard (Crs).

Per molti paesi è lecito avere società in paradisi fiscali, a patto che questo e la quantità di soldi che gestiscono, venga dichiarato alle autorità. Spesso i paradisi fiscali vengono usati per superare regole particolarmente rigide di alcuni paesi sullo scambio di valuta, per proteggere la ricchezza da furti e per gestire complicate pratiche di bancarotta o acquisizioni. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, vengono usati per scopi illegali: in primo luogo nascondere ricchezza per evitare di dover pagare le tasse dovute nel paese interessato e per riciclare denaro. Secondo la normativa sia italiana che europea l’apertura di un conto corrente all’estero è un’operazione legale. L’importante è fare le apposite dichiarazioni fiscali nel proprio paese di appartenenza.

L’ex pilota di Formula 1, Jarno Trulli.

Mossack Fonseca, che non ha violato il rapporto confidenziale con i suoi clienti, ha tuttavia  dichiarato che tutte le sue attività sono legali e che rispettano le regole in vigore per contrastare il riciclaggio di denaro e ha comunque detto di avere responsabilità limitata sull’uso che i suoi clienti fanno delle società che aiuta a creare e gestire, non occupandosi direttamente della gestione dei patrimoni dei suoi clienti.

 

 

 

 

 

 

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