Si intitola “Bruxelles Attacks” il video in cui L’Isis ha celebrato gli attacchi di Bruxelles. Nove minuti, in cui vengono mostrate
“Le minacce hanno il ritmo di un crimine globale”
le conseguenze degli attacchi all’aeroporto e alla metro, i soccorsi e i militari nelle strade. Nel video, diffuso su Youtube dalla fondazione pro-Isis Battart Media, si vedono anche Donald Trump e il ministro dell’interno francese, Bernard Cazeneuve. In arabo una voce dice: “I jet dei crociati, tra cui i belgi, continuano a bombardare i musulmani in Iraq e in Levante nel giorno e la notte, uccidendo bambini, donne, vecchi e distruggendo moschee e scuole”. In sottofondo una canzone di lotta e raffiche di armi automatiche, con sottotitoli in inglese che la traducono. A due giorni dagli attacchi che hanno colpito la capitale belga, il bilancio delle vittime è di 32 morti e 300 feriti, di cui 61 gravi. Fra le vittime si teme ci sia anche l’italiana Patricia Rizzo, impiegata presso un’agenzia della Commissione Ue, scomparsa dopo l’attentato alla metropolitana a Maalbeek. Oggi il ministro dell’Interno belga, Jan Jambon, e il ministro della Giustizia, Koen Geens, già finiti nel mirino della stampa per la caccia a Salah Abdeslam, hanno presentato le proprie dimissioni per le falle emerse nella gestione della sicurezza e della giustizia nel Paese, colpito dagli attentati. Il premier, Charles Michel, le ha respinte sottolineando come in questo momento, una simile iniziativa sia controproducente.
Dopo le stragi Bruxelles i Paesi dell’Unione Europea si sono stretti intorno al Belgio. E, nel tentativo di mostrare unità contro il crescente allarme attentati, come già annunciato, è stato convocato un Consiglio straordinario Giustizia e Affari interni dell’Ue, alle 16.00. I ministri europei, nella dichiarazione conclusiva, hanno scritto: “Esprimiamo il nostro choc di fronte agli attacchi a Bruxelles del 22 marzo”.
Al suo arrivo al vertice straordinario il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, a chi gli chiedeva come mai, nonostante i mezzi ci siano, l’Europa risponde lentamente agli attacchi terroristici, ha risposto: “Il terrorismo è veloce, e l’Europa spesso è lenta. Noi dobbiamo dare quel di più di velocità all’Europa, per fronteggiare delle minacce che hanno il ritmo di un crimine globale, e la forza e la latitudine di organizzazioni che sembrano non essere complesse, ma che poi trovano tra di loro sempre un punto d’incontro”. E ha aggiunto: “Occorre mettersi tutti attorno a un unico luogo, attorno a un tavolo, per riuscire a scambiarsi informazioni anche informalmente, senza troppe procedure in modo tale che ci sia una circolazione capace di produrre esattamente quello che accade in Italia: cioè un’analisi su elementi anche apparentemente irrilevanti ma che possano poi risultare decisivi per cacciare dal nostro territorio qualcuno che è pericoloso per la sicurezza nazionale”. Poi Alfano ha detto: “Nessuno di noi deve essere geloso delle proprie informazioni”. Il ministro si è riferito alle resistenze venute da Londra e Parigi. Solo ora, infatti, da Valls e Cameron, stanno arrivando piccole aperture. Alfano, ha anche detto di pensare a una “strategia nazionale anti radicalizzazione, per evitare che venga piantato un seme che poi dia negli anni a venire un frutto avvelenato. Da questo punto di vista l’Italia è un Paese sano”. Il ministro ha sottolineato che il piano da varare deve considerare “il legame che la cultura ha con la sicurezza”. Sull’ipotesi di istituire un’agenzia europea per l’intelligence, Alfano ha ricordato che “noi abbiamo il comitato di analisi antiterrorismo, il Casa”, che funziona da centro di coordinamento strategico e da scambio di informazioni tra tutte le forze di polizia e di intelligence. E ha concluso: “Questo è il nostro modello, che vogliamo esportare a livello europeo”. Nello scorso novembre la Commissione Europea aveva proposto una serie di provvedimenti per rafforzare il controllo sul possesso delle armi da fuoco, mentre la creazione del Pnr europeo (Passenger name record), il registro europeo dei dati dei passeggeri delle linee aeree, di cui si parla ormai da 6 anni, è ancora subordinata a un voto dell’Europarlamento, che probabilmente ci sarà ad aprile. In vista del vertice Alfano, aveva affermato che per prevenire gli attacchi terroristici di matrice jihadista “occorre un grande investimento in sicurezza, ma occorre fare sì che le nostre periferie siano dei posti dove non avvenga una radicalizzazione che poi porta a questi gesti”. E aveva spiegato che “noi già abbiamo perso fin troppo tempo per il cosiddetto Passenger Name Record”. In questo modo “tutti i passeggeri europei che entrano in Europa saranno schedati e i loro dati contenuti all’interno delle banche dati delle compagnie aeree, alle quali potranno accedere le forze di polizia. Al tempo stesso occorre rafforzare i controlli alla frontiera esterna dell’Unione Europea, nella consapevolezza che il nostro limite e il nostro punto di debolezza in tutta Europa non è dato da quelli che venivano fuori dalle nostre frontiere, ma da quelli che hanno agito da dentro ai nostri Paesi. Passaporto europeo avevano quelli che si son fatti esplodere, abiti europei vestivano quelli che hanno ucciso a Parigi, e tutto questo è veramente il punto di fondo”.
Arrivato a Bruxelles per il Consiglio, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha detto: “La cosa più importante è aumentare lo scambio di informazioni, perché anche partendo da una informazione si può scoprire una rete: non ci sono soluzioni magiche. La risposta più efficace è avere più coordinamento”. Orlando ha ricordato come in Italia “veniamo da un’esperienza traumatica, quella del terrorismo, e poi da quella della malavita organizzata, con una deriva stragista, ed abbiamo tristemente verificato come l’unico strumento efficace è il coordinamento. Non ci sono interventi risolutivi, ci sono interventi preventivi”. E a chi gli parlava di strage annunciata, il ministro ha detto: “Strage annunciata? Non c’è nessuna strage che sia annunciata, credo che ci troviamo di fronte ad un fenomeno nuovo, la cosa che dobbiamo fare è ridurre i rischi”. Orlando ha sottolineato come “una direttiva Ue antiterrorismo che renda più omogenee le normative ed eviti delle contraddizioni tra le norme che oggi regolano la repressione nei diversi Paesi, dal punto di vista penale è una meta a portata di mano”. E ha aggiungento che tale direttiva ora “può avere una accelerazione, l’impianto è già in fase molto avanzata”. Ieri Andrea Orlando ha affermato che Orlando aveva espresso l’auspicio che da questo Consiglio dei ministri dell’Interno “venga una iniezione di concretezza: mi auguro che quanto deciso oggi implichi tempi certi Non possiamo più permetterci questa diffidenza reciproca fra Stati: i terroristi ci colpiscono come se fossimo una cosa sola e noi rispondiamo come se fossimo diversi”.
Al termine del Consiglio, dunque, è emersa, di fondo, la necessità di cooperare meglio. I ministri europei puntano ad adottare la direttiva sul Passenger Name Record (Pnr), e cioè l’obbligo per le compagnie aeree di fornire i nomi dei passeggeri alle authority di sicurezza sul modello al pari di quanto fanno già gli Usa, entro l’aprile 2016. La direttiva, però, anche se dovesse vincere le restano resistenze nel Parlamento Europeo, non entrerà in vigore prima del 2017. I ministri hanno chiesto (ancora una volta) il “rapido completamento” della normativa Ue sulla lotta al terrorismo, controlli sistematici anche di cittadini Ue alle frontiere esterne dell’area Schengen, sull’acquisizione e possesso di armi da fuoco. E ancora, l’inclusione (se ne parla da anni) di cittadini non Ue nel sistema di scambio di informazioni sui casellari giudiziari. Si è parlato molto della necessità di migliorare lo scambio di informazioni tra servizi di sicurezza europea (che ancora non funziona, troppe diffidenze), della creazione di una sorta di task-force di esperti dell’antiterrorismo dei vari paesi Ue all’interno del centro antiterrorismo europeo creato da poco in seno all’Europol. E, infine, si è chiesto di “continuare a sviluppare” l’opera di prevenzione, con il miglioramento dell’individuazione di segni di radicalizzazione a livello locale, e combattendo la propaganda di Daesh, con strategie di comunicazione.
Il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, critico, in conferenza stampa col premier francese Manuel Valls, ha ricordato come “la cooperazione tra i nostri servizi segreti era già stata decisa nel 1999” e “ribadita nel 2001” dopo l’11 settembre. “Ma ancora non si fa, per ragioni che mi sfuggono, anche se è evidente che la nostra conoscenza degli altri paesi è imperfetta e questo vale per i paesi dell’Africa del Nord ed i loro vicini”.
Il Commissario per gli affari interni, Dimitris Avramopoulos, è tornato asottolineare che dopo gli attentati “noi cittadini europei siamo più forti e più uniti di prima, ma serve reagire insieme: abbiamo bisogno di più coordinamento nel settore dell’intelligence”. E, accusando i governi nazionali, ha spiegato che “Se fosse stato messo in atto tutto quanto avevamo deciso già lo scorso anno, avremmo potuto essere più efficienti”, ricordando che tre degli attentatori di Parigi “erano noti alle polizie locali ma non è stato fatto nulla perchè non c’è stato scambio di informazioni”, così hanno potuto entrare ed uscire indisturbati dalla Ue. Gli strumenti ed il quadro legale ci sono, vanno usati. Poi ha insistito: “Dobbiamo dimostrare che reagiamo non solo con la retorica ma con i fatti”, denunciando il “gap di fiducia tra gli stati” che resiste anche se “il tempo dei “grandi stati” è finito”.
In conclusione Juncker, Avramopoulos e la vicepresidente Kristalina Georgieva hanno avvertito di non mescolare la crisi dei migranti con l’allarme terroristico, osservando che “dobbiamo capire che chi cerca di arrivare in Europa fugge dalla stessa gente che ci ha colpiti”. Probabilmente l’appello è giunto in risposta alle dichiarazioni di ieri della premier polacca, Beata Szydlo, che aveva detto: “Dopo quanto accaduto ieri a Bruxelles non siamo d’accordo nell’accogliere alcun gruppo di migranti”.