Come con il flash mob “Onda nera” è stata aperta la campagna referendaria in Piazza del Pantheon, a Roma, così, con quello “Nettuno ti può giudicare” è termina questa mattina, in piazza del Popolo, la campagna del Comitato nazionale “Vota sì per fermare le trivelle”.
Il referendum è in programma domenica prossima
Il Comitato nazionale è costituito da un vasto schieramento di associazioni e organizzazioni della società civile ed è nato per favorire la vittoria del sì e affiancare il comitato istituzionale. Il referendum è in programma domenica prossima e verte sulla durata delle concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi in mare. Il flash mob rappresenta un Dio Nettuno che emerge da un mare blu, infuriato per la presenza delle trivelle che scaglia fuori dalle acque, mettendo al centro della scena pannelli solari come simbolo dell’energia del futuro.
A chiudere la rappresentazione un coro di “vota sì”. Si è trattato di una mobilitazione ampia che ha raccolto l’adesione di centinaia di comitati locali e oltre 300 organizzazioni della società civile, dai sindacati agli ambientalisti, dalle associazioni di imprenditori ai lavoratori del mare. Lo slogan della giornata è stato: #SIpuòFare che vuole anche essere l’augurio a tutti noi, e al nostro Paese, di raggiungere il quorum. E’ seguita una conferenza stampa con la partecipazione di rappresentanti della pesca, del turismo, delle rinnovabili, di scienziati, ricercatori, intellettuali che si sono schierati dalla parte del sì.
Il presidente di AssoRinnovabili, Agostino Re Rebaudengo, ha sottolineato: “Il sì al quesito contro le trivelle accelera la strada alla progressiva uscita dalle fonti fossili. Con una seria politica di avvio al biometano si coprirebbe in poco tempo un quantitativo pari a oltre 4 volte quello che viene prodotto dalle trivelle oggetto del referendum”. Il presidente di Assoturismo Confesercenti, Claudio Albonetti, ha ricordato che il “vero petrolio italiano sta nei giacimenti culturali, artistici e ambientali dei nostri territori”. E il direttore scientifico di GreenAccord, Andrea Masullo, in rappresentanza di scienziati e ricercatori che hanno aderito all’appello per il sì, ha detto: “Questo referendum è una scelta fondamentale fra passato e futuro che deve riguardare tutti”. E ha spiegato: “Votare no significa avere modesti vantaggi nel presente al costo di un futuro disastroso. Votare sì significa avere maggiori vantaggi nel presente dando nuovo slancio alla ricerca e allo sviluppo delle nuove energie e acquisire una leadership in quel futuro decarbonizzato che gli organismi internazionali ritengono necessario e le istituzioni europee stanno già disegnando”.
Il Comitato ha spiegato: “Hanno paura del quorum, hanno paura del sì. Abbiamo avuto già due vittorie, con lo Sblocca Italia sono state cancellate le norme che permettevano di trivellare le coste indistintamente, poi c’è stata una grande opera di informazione con la campagna referendaria. Ci manca la terza vittoria con il voto del 17 aprile: cancellare il regalo fatto a compagnie petrolifere. Insomma, da domenica sarà possibile uscire dall’era delle fonti fossili”.
Occorre che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto
Il 17 aprile prossimo, dunque, si terrà il referendum sulle trivellazioni in mare per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi, tra cui petrolio e gas. Si tratta di un referendum abrogativo. Occorre, cioè, che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto e che la maggioranza dei votanti si esprima con un sì. In questo modo i cittadini avranno la possibilità di cancellare la norma sottoposta a referendum.
L’obiettivo dei proponenti il referendum è quello di impedire alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. Nonostante già oggi le società petrolifere non possano più richiedere per il futuro nuove concessioni per estrarre in mare entro le 12 miglia, per quanto riguarda le ricerche e le attività petrolifere già in corso, una vittoria del sì obbligherebbe le attività petrolifere a cessare progressivamente secondo la scadenza naturale” fissata originariamente al momento del rilascio delle concessioni.
In caso di vittoria del no (o di mancato raggiungimento del quorum), le ricerche e le attività petrolifere già in corso non avrebbero scadenza certa, ma proseguirebbero fino ad esaurimento del giacimento.
Il responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace, Andrea Boraschi, che fa parte del comitato “Vota sì, per fermare le trivelle”, ha affermato: “E’ chiaro che questo referendum ha una valenza politica più generale: è l’occasione che gli italiani hanno per smentire la strategia energetica del governo, fondata sul miraggio di estrarre le pochissime risorse fossili disponibili sotto i nostri fondali, arrestando intanto la crescita delle energie rinnovabili. Si tratta di capire qual è la strada che vuole prendere l’Italia. Una vittoria del sì sarebbe la bocciatura ultima della Strategia Energetica Nazionale varata dal governo di Mario Monti, nei suoi ultimi giorni di vita, quando era già dimissionario. Si tratta di un piano di medio termine il cui unico scopo è incentivare l’estrazione di idrocarburi in Italia. E’, in altre parole, la direzione opposta agli impegni presi dall’Italia e da tutte le grandi economie del mondo nel vertice di Parigi di pochi mesi fa. Ma è anche una strategia che, se perseguita, condannerà l’Italia a rimanere ostaggio di gas e petrolio, fonti di cui non siamo affatto ricchi e che in larghissima misura importiamo”.
Renzi: “Non c’è nessun referendum sulle trivelle”
A pochi giorni dal referendum sulle trivelle, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha lanciato l’ultimo appello a non andare a votare, scrivendo sulla sua Enews: “Ripeto fino alla noia, scusandomi con chi ha già sentito queste considerazioni, sulla bufala trivelle. Non c’è nessun referendum sulle trivelle. Non c’è una sola trivella in discussione: solo la scelta se continuare a estrarre carbone e gas fino all’esaurimento del giacimento senza sprecare ciò che già stiamo utilizzando oppure fermarsi a metà alla scadenza della concessione. Non si vota sulle rinnovabili”. E ha spiegato ancora la posizione della maggioranza del Pd: “Il referendum voluto dai consigli regionali, non dai cittadini, non vieta nuovi impianti: rende solo impossibile continuare a sfruttare quelli che già ci sono, alla scadenza. La bufala è questa: dicono che si vota sulle rinnovabili, su un nuovo modello di sviluppo, sull’alternativa alle energie fossili. In realtà si chiudono impianti che funzionano, facendo perdere undicimila posti di lavoro e aumentando l’importazione di gas dai paesi arabi o dalla Russia”. E ha ribadito: “Sia chiaro: ogni scelta è legittima. Chi vuole che il referendum passi deve votare sì, chi vuole che il referendum non passi può scegliere tra votare no o non andare a votare”. Renzi, poi, ha definito “magistrale” Napolitano che nell’intervista rilasciata a Repubblica ha definito la consultazione popolare “un’iniziativa pretestuosa”, rivendicando il diritto all’astensione. Il premier ha affermato: “Come ha magistralmente spiegato Giorgio Napolitano se un referendum prevede il quorum la posizione di chi si astiene è costituzionalmente legittima al pari delle altre. Nel caso di un referendum con quorum sostenere le ragioni di chi non vuole andare a votare ha la stessa identica dignità di chi dice sì o no. Sulle energie rinnovabili l’Italia va forte, meglio di UK, Francia e Germania. Ma le rinnovabili da sole non bastano, per il momento. Se chiudiamo le nostre piattaforme dovremo comprare più gas e petrolio dagli arabi o dai russi, sprecando le risorse già esistenti. A me sembra più saggio finire di estrarre ciò che già c’è, senza licenziare i lavoratori del settore e senza sprecare l’energia che abbiamo”.
Nell’intervista pubblicata su Repubblica l’ex Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha affermato: “Trovo persuasivi gli argomenti sull’inconsistenza e pretestuosità di questa iniziativa referendaria. Non si possono dare significati simbolici a un referendum. Ci si pronuncia su quesiti specifici che dovrebbero essere ben fondati. Non è questo il caso”. E ha spiegato: “Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”.
Le parole di Giorgio Napolitano hanno sollevato critiche e polemiche da parte di politici e opinione pubblica.
Alfredo D’Attorre di Sinistra Italiana ha definito “improvvidi” gli inviti di Napolitano all’astensionismo. E ha detto: “Sorprende e amareggia la legittimazione dell’astensionismo nel referendum di domenica da parte dell’ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, specie dopo che autorevoli personalità istituzionali nei giorni scorsi hanno sottolineato l’importanza della partecipazione al voto e il valore dell’articolo 48 della Costituzione”. E ha aggiunto: “Peraltro la linea di considerare il ricorso al voto popolare un rischio più che una risorsa e di privilegiare la ricerca di accordi di Palazzo per imporre scelte politiche nel segno dell’ortodossia europea, che Giorgio Napolitano ha perseguito nel corso del suo mandato, ha finito oggettivamente per aggravare anziché risolvere la crisi economica e politica italiana. Dall’ex Presidente Napolitano sarebbe lecito attendersi un sereno bilancio autocritico degli esiti della sua presidenza invece di improvvidi inviti all’astensionismo”.
I cittadini hanno il diritto-dovere di votare
Il presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, che voterà sì, ha rivendicato il diritto-dovere dei cittadini ad andare a votare: “Ho sempre combattuto la scuola dell’astensione, da Craxi a Ruini perché è una brutta scuola”. E ha spiegato: “Mai astenersi alle elezioni, a cominciare dai referendum. Forse non è politicamente corretto ma costituzionalmente ineccepibile. Io lo ricordo come istituzione non come iscritta a un partito”.
Il segretario nazionale de La Destra, Francesco Storace, in un tweet, ha scritto: “Napolitano per il sì alla riforma Boschi ne testimonia la pericolosità. Un presidente-dittatore che va finalmente sconfitto assieme a Renzi”.
Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ha invitato ad andare a votare: “Io credo che questo Governo poteva evitare il referendum, ma visto che non lo ha fatto, facciamo esprimere gli italiani e non buttiamo i soldi. Chiedere l’astensione è tecnicamente legittimo ma politicamente poco opportuno, soprattutto da parte di alte cariche dello stato, ex alte cariche dello Stato e premier”.
Il Fondo per l’ambiente italiano (Fai) ha lanciato l’appello per votare sì “oltre che per le ragioni già dette e scritte da settimane, anche perché ritiene che le piattaforme al largo delle coste italiane abbiano un forte impatto sul paesaggio, e quindi sul turismo costiero, e che sia quindi necessario che le concessioni entro le 12 miglia dalla costa per l’estrazione di petrolio e gas in mare non vengano rinnovate alla loro scadenza”.
I volontari di Greenpeace hanno dato voce ai monumenti. Un cartello con la scritta “Per fermare le trivelle io voto sì” è apparso accanto a busti, statue e sculture con l’intento di lanciare un messaggio chiaro: la bellezza dell’Italia è incompatibile con le fonti fossili, e se il nostro patrimonio storico-artistico “potesse votare” non avrebbe dubbi, sceglierebbe un’Italia senza trivelle.
Becchi: “Invitare ad astenersi è apologia di reato”
In un editoriale sul Fatto Quotidiano, il docente universitario Paolo Becchi, ha denunciato: “Un governo sporco di petrolio fa propaganda per convincere i cittadini a restarsene a casa e a non andare a votare all’imminente referendum, in modo tale che non si raggiunga il quorum. E l’ex-Presidente della Repubblica, Napolitano gli dà man forte: entrambi fanno apologia di reato invitando gli elettori ad astenersi. Beninteso, penso che qualsiasi cittadino sia libero di astenersi, come scelta personale, tanto dai referendum quanto dalle elezioni, ma un pubblico ufficiale nel nostro Paese non può fare propaganda, come stanno facendo il Capo del governo e l’ex Capo della Repubblica, per l’astensione. Non possono farlo sulla base delle nostre leggi. Vi è una norma (l’art 98 del testo unico del 1957) che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o chiunque sia investito di un pubblico potere, che abusando delle proprie funzioni lo faccia. E questa norma vale non solo per le elezioni, ma anche per i referendum, come risulta nero su bianco dalla legge n. 352 del 1970. Napolitano e Renzi andrebbero quindi denunciati e dovrebbero essere indagati dalla magistratura per la loro condotta”.
Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, a Palermo, commentando le dichiarazioni di Giorgio Napolitano sul referendum di domenica, ha detto: “Credo che gli uomini delle istituzioni debbano sempre invitare ad andare a votare. Evidentemente la dichiarazione dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dimostra che avevamo visto bene quando abbiamo chiesto l’impeachment. Non è una persona all’altezza di gestire un ruolo istituzionale perché invitare a non andare a votare credo sia veramente scandaloso”. E ha spiegato: “In un Paese in cui già stiamo avendo enormi problemi con l’astensione al voto, c’è anche un ex capo di Stato che dice di non votare. Io andrò a votare e voterò sì”.
In una nota dei parlamentari Cinque Stelle si legge: “Nelle prossime ore denunceremo il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il senatore a vita Giorgio Napolitano” perché “l’invito esplicito all’astensione è un reato”. Secondo i pentastellati le dichiarazioni sull’astensione “sono reazionarie e pericolose. I cittadini devono partecipare, a partire dal referendum di domenica sulle trivellazioni”.
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, parlando con i giornalisti a Bari, a margine della liberazione di due tartarughe “caretta caretta” in Adriatico, a proposito del referendum in programma domenica prossima, ha detto che “L’articolo 48 della Costituzione dice che il voto è un dovere, e soprattutto che i pubblici ufficiali non possono indurre all’astensione i cittadini perché è vietato dalla legge”, aggiungendo che “non era mai successo nella storia d’Italia che l’arbitro della partita, cioè il presidente del Consiglio, consigliasse di renderla nulla non giocandola, o giocandola in maniera sleale”. E ha aggiunto: “Mi auguro che la serenità con la quale libereremo Minnesota, si chiama così una delle tartarughe che libereremo, sia la stessa gioia del popolo italiano nell’andare a votare per il sì e per la tutela del mare”.
Come Emiliano, voterà sì Enrico Rossi, anche se la Toscana non è tra le regioni che hanno promosso il quesito referendario.
Su Twitter, il deputato della minoranza Pd, Roberto Speranza, che guida Sinistra riformista, commentando anche le affermazioni di Matteo Renzi in merito alla consultazione sulle trivelle, ha detto: “È inaccettabile che sul referendum del 17 aprile il premier faccia il capo del partito dell’astensione. Pd non significa partecipazione dal basso?”.
Così anche Gianni Cuperlo.
Il capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana a Montecitorio, Arturo Scotto, ha affermato: “Renzi è nervoso perché il quorum è alla portata. L’Italia potrebbe davvero entrare nel secolo nuovo. L’indipendenza energetica passa per lo sviluppo delle rinnovabili e non per quattro petrolieri amici del governo”.
Andranno a votare e voteranno sì i candidati sindaco della Capitale: Stefano Fassina, Virginia Raggi e Giorgia Meloni.
Per il sì è anche il segretario della Fiom, Maurizio Landini, che ha argomentato le sue ragioni: “Chiediamo da anni una riconversione dell’industria. Una riconversione che in più creerebbe tanti posti di lavoro accelerando il passaggio alle energie alternative. L’oggetto del referendum è proprio questo”.
Rosato: “Basta attacchi strumentali a #Napolitano”
Il capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato, ha replicato alle polemiche sulla dichiarazione dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dicendo: “Basta attacchi strumentali a #Napolitano, sempre presidente imparziale. È stato garante e lucido interprete della Costituzione”.
Voterà no anche Sergio Chiamparino.
Il governatore della Sardegna, Francesco Pigliaru, dopo aver annunciato che voterà no, nonostante la Regione Sardegna sia tra i sottoscrittori del referendum, è stato accusato di “servilismo governativo”.
Anche il governatore del Molise, altra Regione sottoscrittrice, Paolo di Laura Frattura, ha annunciato che voterà no. E ha dichiarato: “Domenica voto no, perché, così interveniamo sulla situazione esistente e soprattutto portiamo a completamento anche una iniziativa che era nata per esaurire il giacimento”. Poi, di fronte all’osservazione di una mancata coerenza rispetto alla consultazione popolare, ha spiegato: “Ho partecipato con le altre regioni a chiedere il referendum e abbiamo ottenuto insieme il risultato. Superato il dubbio sulle dodici miglia, secondo me, viene meno l’istanza referendaria, da una parte. Dall’altra, però, comunque i cittadini sono chiamati ad esprimersi e a questo punto mi spoglio da presidente e vado a votare da cittadino”.
L’ex leader dei Ds, Massimo D’Alema, ha detto di non esser certo di riuscire a rientrare in tempo da un convegno internazionale a Washington. Ma si è detto contrario all’astensione. Ospite della trasmissione televisiva Otto e mezzo di Lilli Gruber, su La7, aveva lanciato la bordata a Renzi, dicendo: “È indecente che il maggiore partito italiano inviti a non andare a votare, avrebbe dovuto avere il coraggio di dire di votare no”.
Senza alcuna polemica con Renzi, già qualche settimana fa, l’ex leader de l’Ulivo, Romano Prodi, fortemente schierato per il no, aveva detto: “Se dovessi votare voterei certamente per mantenere gli investimenti fatti, su questo non ho alcun dubbio”.
Dopo aver detto che, a differenza del suo leader di riferimento, andrà a votare, il candidato sindaco di Roma del Pd, Roberto Giachetti si è detto favorevole al rinnovo automatico, fino all’esaurimento dei giacimenti, delle piattaforme entro le dodici miglia, dichiarando: “Sull’astensione non sono d’accordo con Matteo. Io ho sempre votato. Ma voterò no perché questo referendum è inutile”.
Nel governo solo il ministro Gian Luca Galletti e il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedov,a hanno detto che si recheranno ai seggi per votare no. Per il resto si è imposta la linea Renzi.
L’impressione è che questo referendum, al di là del quesito specifico, sia diventato più che mai una questione politica, rappresentando la prima occasione per manifestare il dissenso al governo Renzi. Anche se non si riuscisse a raggiungere il quorum, la scelta di votare sì sarebbe comunque una sconfitta della non partecipazione auspicata dal premier. In quanto espressione della volontà popolare, che non si sente più rappresentata in Parlamento, votare sì al referendum vuol dire, infatti, votare al contempo contro le trivelle e contro il governo.