Dopo giovedì sui social, parafrasando le parole che il ministro per le riforme, Maria Elena Boschi, ospite della trasmissione televisiva “In mezz’ora” su Raitre, aveva pronunciato nei confronti dei partigiani, alcuni follower hanno ironizzato: “Gli industriali, quelli “veri”, votano Sì”. Il cambio al vertice degli industriali, infatti, ha sancito l’appoggio al governo Renzi. E lo ha fatto ufficialmente quando durante l’Assemblea annuale di Confindustria il presidente appena eletto, Vincenzo Boccia, ha dichiarato che gli industriali italiani sostengono la fine del bicameralismo perfetto e sono a favore delle riforme. Un riferimento programmatico chiaro.
“Gli industriali, quelli “veri”, votano Sì”
Oggi, durante il comizio elettorale di Aversa nel Casertano, rilanciato da SkyTg24, il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, durante tutto il suo intervento, ha messo al centro del mirino il ddl Boschi. Entrando nel dibattito sul referendum costituzionale di ottobre, l’ex premier, infatti, ha aspramente criticato l’appoggio di Confindustria alla riforma proposta dal governo Renzi. Riferendosi alla posizione espressa dal neo presidente degli industriali, il leader di Forza Italia ha affermato che la riforma costituzionale è “un vestito che Renzi si è cucito addosso su misura”. Per Berlusconi il referendum del prossimo autunno prefigura “una situazione che non esito a dire pericolosa. Ha già fatto nascere molti comitati per sì, come quello a cui aderisce Confindustria. Io ho chiamato questi signori “aspiranti sudditi”. Non capisco davvero come loro non riescano a comprendere che si va ad una situazione di regime”. Secondo il leader di Forza Italia “Questa modifica costituzionale che riguarda il Senato e il sistema parlamentare è stata votata di notte da una maggioranza che non è una maggioranza vera, ma è una minoranza assistita da quei membri che hanno fatto il salto tradendo”. Berlusconi ha sottolineato che in Italia “la democrazia è sospesa”: “Il governo Renzi non solo è abusivo ed illegittimo, ma viola l’articolo 1 della Costituzione, che afferma che la sovranità appartiene al popolo”.
Parlando oggi ad Aversa l’ex premier ha detto: “Negli ultimi 22 anni abbiamo avuto quattro colpi di Stato, oggi c’è un processo verso una deriva autoritaria assolutamente pericolosa. La Costituzione che Renzi ha cambiato con una maggioranza artificiale fatta da 60 deputati eletti da elettori del centrodestra e da 130 parlamentari alla Camera, dichiarati incostituzionali dalla Corte Costituzionale, ci porta verso una sola Camera che approverà le leggi importanti in cui c’è un partito che può avere la maggioranza anche solo con il 25, 28%”.
Berlusconi: “Questo si chiama regime”
“Questo partito avrà un solo leader ed è lui, quindi sarà il padrone di tutto, sarà il padrone del partito, del Parlamento, dell’Italia, il padrone degli italiani”. “Questo si chiama regime ed è una situazione pericolosa perché va proprio in direzione di un regime”.
Anche durante la trasmissione “Virus” in onda su Rai 2, giovedì, Silvio Berlusconi era intervenuto esponendo gli stessi concetti. L’ex premier ha dichiarato che “Renzi ha una bulimia di potere: ha occupato tutto l’occupabile”. Ospite anche Maurizio Belpietro, che ha commentato l’utilità della riforma: “Serve a dare potere assoluto a Renzi”. Luigi Di Maio, in studio, ha partecipato alla discussione e nel suo intervento ha dichiarato: “Questa riforma è stata disegnata per un uomo solo al comando ossia Renzi”. Poi ha aggiunto: “Anch’io sono d’accordo a modificare la costituzione: serve una norma contro i voltagabbana”.
Giovedì, nella prima relazione all’Assemblea annuale di Confindustria il nuovo presidente, Vincenzo Boccia, non avrebbe potuto essere più chiaro. Si è capito subito che il suo intervento sarebbe stato tutto politico. Il premier non c’era, ospite del G7 in Giappone insieme al ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. Ma di fronte al palco dell’Auditorium di Roma c’erano quasi tutti i ministri del governo Renzi: Calenda, Delrio, Poletti, Franceschini. E i segretari di Cgil, Cisl e Uil. Ospite d’onore il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il nuovo numero uno di Viale dell’Astronomia, nelle 29 pagine del suo discorso, ha spiegato che “Confindustria si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il titolo V della Costituzione. Constatiamo con soddisfazione che oggi vediamo che questo traguardo è a portata di mano”.
Boccia: “Nessun capitalismo moderno senza istituzioni moderne”
Un percorso obbligato se “l’Italia vuole tornare ad essere un Paese autorevole” in un’Europa che “sembra scricchiolare”. “Molte e complesse sono le azioni da intraprendere” e “in questo processo l’Italia deve poter giocare un ruolo all’altezza della sua storia e dell’Europa che sogniamo”. Ma Boccia ha sostenuto che non ci può essere una robusta ripresa della crescita, un capitalismo moderno, senza istituzioni moderne. Il superamento del bicameralismo paritario e le riforme costituzionali, dunque, secondo l’industriale salernitano, sono la premessa per il cambio di passo dell’Italia, necessario per poter approfittare appieno dell’apertura dei mercati internazionali.
E per marchiare la sua affinità con il governo Renzi, nella sua relazione, Boccia ha anche strattonato le opposizioni e i critici verso la riforma, sostenendo che in una democrazia moderna chi si oppone ad una riforma o ad un governo dovrebbe avanzare proposte alternative, subito praticabili e non opporsi solo per temporeggiare o indebolire l’avversario. Sulla stessa linea ovviamente i ministri Dario Franceschini e Carlo Calenda.
Il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo ha detto di “provare tristezza per chi di fronte a riforme che pure aveva chiesto per anni, è oggi contrario per motivi personalistici”. Il ministro dello Sviluppo economico ha tecnicamente dimostrato come l’attuale confusione dei poteri paralizzi qualsiasi iniziativa economica impedendo la crescita e quindi maggiori opportunità di occupazione. E ha concluso il suo discorso assicurando che “La riforma rende i cittadini i veri padroni dell’Italia, non crea alcuna dittatura di Renzi”. Boccia ha comunque precisato che “la nostra posizione e le conseguenti azioni sul referendum verranno decise nel Consiglio generale convocato per il 23 giugno”, dopo le amministrative e nel giorno della consultazione inglese sulla Brexit.
Il discorso politico del numero uno di Confindustria
L’impronta politica del discorso del numero uno di Confindustria non si è limitata al referendum. Boccia infatti ha preso posizioni significative su Europa, immigrazione e Schengen perchè secondo il neo presidente un’industria moderna deve accettare la sfida della concorrenza internazionale resa possibile solo dal mantenimento dell’apertura delle frontiere.
Le ricette di Confindustria per realizzare quel salto di competitività indispensabile per la crescita italiana sono le stesse proposte dal ministro Calenda che ha riscosso la piena e convinta approvazione degli industriali quando ha elencato le priorità che il suo ministero intende perseguire. Stessa lunghezza d’onda anche quando Boccia ha suggerito al Governo di non farsi incantare dalle sirene che suggeriscono di ignorare ogni vincolo europeo e di violare apertamente le regole comunitarie. Si tratta della stessa prudenza consigliata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in merito ai problemi dei conti pubblici italiani per quanto riguarda debito e deficit. Terzo e ultimo tema su cui Boccia e governo si sono mostrati in sintonia è quello dei rapporti con i sindacati. Il neo presidente ha proposto uno “scambio” tra salari e produttività, uno dei cardini delle politiche economiche e del lavoro del governo.
Camusso: “Una visione vecchia tra salario e produttività”
Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha commentato: “Una visione vecchia tra il salario e produttività, che non si misura con la mancanza degli investimenti e il ritardo tecnologico delle imprese. Boccia ha fatto un’affermazione importante, che le relazioni industriali sono un tema delle parti sociali e non del governo. Poi, però, c’è un rinvio ad affrontare il problema”.
E’ proprio il caso di dare regione al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, quando affermò con slancio che questo era sicuramente “il governo più di sinistra della storia repubblicana”. Purtroppo però il Pd non è più quel partito di sinistra da cui che ci si aspettava di essere governati dopo la caduta del governo Berlusconi, fortemente voluta. Almeno non di quella sinistra che si dovrebbe confrontare e misurare con i cittadini se, come è accaduto, in poco più di due anni di governo, ha raggiunto obiettivi che la destra neanche avrebbe osato pensare di poter realizzare. La riforma elettorale e poi quella costituzionale, dopo la soppressione dell’articolo 18 dallo Statuto del lavoratori contro il licenziamento senza giusta causa, gli hanno, per forza, fatto guadagnare l’appoggio di Confindustria. Per questo ha sbagliato Silvio Berlusconi che ad Aversa ha definito gli industriali come “aspiranti sudditi” di Renzi. Mentre è vero l’esatto contrario e cioè che il governo Renzi, nato per questo, è suddito del potere finanziario detenuto da Confindustria. E non è il neo presidente degli industriali che sposa la riforma costituzionale del governo, ma il Pd che è diventato il vero partito dei “padroni”.
A cura di Roberta d’Eramo