Domenica prossima si celebrerà il primo turno delle elezioni amministrative. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, finora ha fatto in modo di non essere coinvolto ribadendo più volte che il voto proveniente dalla sfida elettorale nelle grandi città non costituisce un giudizio sul governo.
Renzi afferma che la partita non è sulla sua persona
Così il premier ha spostato l’attenzione sul referendum costituzionale e sui provvedimenti economici che dovranno essere decisi ad ottobre, quando il governo presenterà il disegno di legge di bilancio per il 2017. E, per distrarre gli elettori, ha annunciato la possibilità di alcuni interventi su tasse e pensioni, come concedere 80 euro alle pensioni minime e ridurre l’età pensionabile. Il presidente del Consiglio ha più volte tenuto a spiegare che le amministrative “sono elezioni in cui si sceglie la persona che deve governare una città” e, anche aprendo a Bergamo la campagna per il sì al referendum, ha affermato che la partita non è sulla sua persona, ma tra riformisti e conservatori. Ci si troverebbe davanti ad un sistema che impedirebbe la formazione di una maggioranza coesa e garantirebbe quindi l’ingovernabilità. Sarebbe, secondo Renzi, “il paradiso terrestre degli inciuci”.
Invece, al contrario di ciò che predica il premier, quello del 5 giugno, sarà il primo vero banco di prova per il governo. Per questo la tensione è altissima e in quest’ultima settimana elettorale, i capi della politica scenderanno in campo con l’intento di dare la spinta decisiva ai propri candidati. A cominciare proprio da Renzi che oggi è a Torino, martedì sarà a Milano e mercoledì a Roma, per sostenere Giachetti. Le opposizioni sanno bene che la partita contro il governo è apertissima sia sul campo delle amministrative che su quello del referendum. Per questo il M5s, con il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, ad esempio, ha dichiarato: “Non saremo certo noi a chiedere le dimissioni di Renzi se vince il no” spiegando che il “M5s non vuole personalizzare altrimenti così si fa il gioco di Renzi”. Che l’esito del voto al referendum sia determinante per Luigi Di Maio lo rivelano le parole con le quali ha spiegato come, in caso di “no” alla riforme, sia “fondamentale” il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Non voglio tirarlo per la giacchetta ma spero che intervenga e indichi agli italiani con quale legge elettorale si va perché al Senato c’è l’Italicum mentre alla Camera il Consultellum”.
Renzi: “Avevo chiesto per le amministrative una tregua nella polemica”
Sullo stesso fronte è il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che definendo il governo “abusivo e illegittimo” ha sostenuto che con il combinato disposto Italicum-riforme Renzi voglia dar vita ad un “regime”. Da parte sua poi Renzi, sabato in un’intervista ad Avvenire, ha spiegato: “Sono deluso. Avevo chiesto un minimo di sforzo per le amministrative. Una tregua nella polemica. Ogni giorno invece leader anche autorevoli cannoneggiano sul quartier generale con un linguaggio che non usano nemmeno le opposizioni più dure. Mi spiace, ma non posso farci niente. Noi siamo qui per ridare speranza agli italiani dopo che per anni la palude aveva inghiottito tutto: non ci faremo fermare da chi ha già avuto la sua possibilità di cambiare l’Italia e l’ha sprecata. Non c’è stato un solo giorno senza che dalla minoranza interna non sia partito qualcuno all’attacco contro la segreteria”. Sottolineando che solo “al congresso vedremo chi ha la maggioranza”. A sostegno delle sue ragioni sul fatto che nè amministrative nè referendum costituiscano un giudizio sul governo Renzi ha affermato: “Tanti che votano Lega, M5S, Fi non voteranno mai per me o per il Pd. Ma a questo referendum voteranno sì perché un’occasione del genere di semplificare il quadro non ricapita, non sprecheranno l’occasione. Per me la poltrona vale meno della coerenza. Per cui se perdo, me ne vado a casa. Punto”.
Franceschini ha invitato ad utilizzare il congresso per sfidare il premier
Anche il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha voluto fornire il suo contributo alla tesi di Renzi e ieri, in un’intervista a Repubblica, ha detto: “Votare No al referendum è “un vero atto contro il Paese”. O meglio lo è usare “una riforma attesa da 30 anni per l’obiettivo finale di buttare giù Renzi”. Piuttosto Franceschini ha invitato ad utilizzare il congresso per sfidare il premier e sbarrargli la strada. Il ministro ha aggiunto: “Penso ai fiumi di parole che abbiamo versato in riunioni e convegni per raggiungere il risultato contenuto nella legge costituzionale e nella legge elettorale. Penso ai professori, ai commentatori, ai mondi intellettuali della sinistra che hanno accompagnato quel dibattito. Dimenticare il passato solo per una ragione di lotta politica, è inaccettabile”. Il suo messaggio è rivolto alle critiche della minoranza Pd, ma non solo.
Subito Gianni Cuperlo ha replicato: Le parole di Franceschini sono “l’espressione imbarazzante di una profonda disonestà politica e intellettuale”, mentre Federico Fornaro ha affermato di “pretendere” che l’accordo sul ddl sul Senato elettivo sia rispettato.
Nonostante quanto professato dal premier, il M5S ha attaccato Renzi perché scenderà in campo a sostegno del candidato sindaco sostenuto dal Pd, Roberto Giachetti.
Renzi: “Giachetti è un ottimo candidato, fossi romano voterei lui”
Ma Renzi si è difeso spiegando con semplicità che il suo sostegno dipende esclusivamente dal fatto che “Giachetti è un ottimo candidato e fossi romano voterei per lui, senza dubbio. Ha dei valori, è una persona seria, non è una figurina che risponde ad altri: uno spirito libero e appassionato. Rispetto le idee di tutti, anche le più strampalate. Ma il debito del Comune di Roma, o gli stipendi dei dipendenti comunali, vanno pagati. E non con il baratto, mi spiego? Poi c’è da governare. E c’è bisogno di competenza e concretezza”.
A questo punto ci si potrebbe facilmente ricredere quanto a pregiudizi e sostenere che, all’indomani del sostegno giunto al M5S dall’attrice Sabrina Ferilli, dichiaratamente fedele al Pd, sia soltanto un caso che ieri, proprio sull’Unità, sia stato intervistato un personaggio nazionalpopolare come il portiere della Juventus, Gianluigi Buffon, che ha dichiarato la propria simpatia per il premier che “ha coraggio, ci mette la faccia, ci prova” e le sue riforme. Buffon ha dichiarato: “Mi piace il suo vigore, il suo dinamismo, trasmette entusiasmo. Probabilmente farà anche degli errori, ma abbiamo bisogno di leader coraggiosi. So che il cambiamento ha bisogno di molta energia positiva, spesso mette paura”.
Ora questo potrebbe essere un apprezzabile contributo, se non fosse che lo stesso genere di giudizi Buffon lo aveva già espresso nei confronti di Mario Monti, a Porta a Porta, tempo fa. Anche in quel caso aveva servito il suo endorsement ad un altro presidente del Consiglio non eletto. Lo scorso febbraio 2013 Gianluigi Buffon, infatti, durante una puntata di Porta a Porta aveva dichiarato: “Non sono un militante di Lista Civica, ma un accanito sostenitore di Monti. Le mie sono valutazioni personali dettate dall’istinto e nella vita difficilmente ho preso cantonate”.
Buffon: su Monti “Avevo a mente l’interesse nazionale”
Ieri, al giornalista che gli muoveva critiche in proposito, aveva spiegato: “Avevo a mente l’interesse nazionale. Monti con il suo stile austero e la sua immagine di uomo di cultura mi sembrava la persona giusta per rappresentarci e rilanciare l’immagine dell’Italia, appannata e un pò screditata da un periodo troppo lungo di pasticci”.
Quanto al referendum costituzionale di ottobre, nella sua intervista all’Unità il portiere della Juventus ha spiegato: “Ci sono due cose che mi piacciono nelle riforme promosse dal Governo. La fine del bicameralismo perfetto, una particolarità che abbiamo solo noi in Italia e che allunga enormemente i tempi delle decisioni e la riforma elettorale fatta per dare stabilità ai futuri governi, assicurando un premio di maggioranza a chi raggiunge il 40% o vince al ballottaggio. Spero che la gente vada a votare con la propria testa e informata. Che non prevalga come spesso capita il voto di scambio o la demagogia”.
Fassina: “La rottura con la sinistra si era già consumata a luglio”
Oggi ospite del Forum all’Ansa è stato il candidato sindaco di Roma di Sinistra Italiana, Stefano Fassina, che invece il Pd lo ha accusato: “Se siamo al pericolo che Roma finisca in mano alla destra la responsabilità è di chi ha mandato i consiglieri comunali Pd dal notaio assieme a quelli del centrodestra”. E a proposito di una possibile convergenza su Roberto Giachetti al ballottaggio, ha risposto: “La rottura con la sinistra si era già consumata a luglio. Ero disponibile a una candidatura civica proposta da Tocci ma il Pd non ha voluto questo lo ricordo a chi ora in difficoltà fa appelli all’unità che prima non hanno voluto”. Poi una denuncia alle politiche del governo Renzi: “Il nostro progetto di reddito di dignità copre 13 mila famiglie romane povere con figli a carico, rimaste scoperte dagli interventi del governo. Con 45 milioni di euro possiamo portare oltre la soglia di povertà circa 30 mila bambini poveri”. Fassina ha spiegato anche dove recuperare le risorse. Secondo il candidato sindaco di SI le risorse per il reddito di dignità verrebbero dalla “rinegoziazione con Cassa depositi e prestiti (Cdp) del mutuo della gestione commissariale del debito storico di Roma”. Infine Fassina ha rivolto una critica anche al M5s affermando: “A differenza di Raggi e Giachetti che hanno bisogno di autorizzazioni scritte per fare affermazioni su questioni rilevanti, io non ho bisogno di autorizzazioni”, sottolineando la sua “autonomia rispetto a figure che possano condizionarmi”.
A cura di Roberta d’Eramo