Il Partito Democratico si avvia alla direzione nazionale, anticipata dal 27 giugno al 24.
Bersani alla direzione ci sarà
Pier Luigi Bersani ha fatto sapere che non diserterà l’appuntamento e alla direzione ci sarà. L’esame del voto sui ballottaggi, dunque, sarà rinviato alla discussione con Renzi in quella sede, ma c’è rabbia per la prima lettura fornita dal segretario. Secondo la minoranza, per esempio, “non è possibile, come ha fatto qualcuno, addebitare la colpa a Fassino…”. L’ex segretario dem aveva già da tempo invitato il suo partito a guardare la realtà, quella di un Pd, a suo parere, sempre più lontano dai bisogni reali del Paese.
Anche altri all’interno della minoranza non hanno nascosto malumori e preoccupazioni. Roberto Speranza ha rilanciato il problema del doppio incarico segretario-premier, dicendo: “Il Pd rischia di essere un leader carismatico in tv e una sommatoria di comitati elettorali sul territorio, ma io non gioco questo argomento contro una leadership, dico però che il doppio incarico non funziona”. Gianni Cuperlo, invece, ha invocato “un cambio di rotta”. Ma le perplessità provengono anche dal fronte vicino al premier. Matteo Orfini ha affermato che adesso “abbiamo il dovere della sincerità. Che significa riconoscere gli errori, ma anche ricostruire i fatti con precisione per evitare di sbagliare ancora. E vale per tutti, prima di tutto per me. Provo a dare il contributo iniziale”.
Tra le richieste che verranno avanzate alla direzione del partito c’è anche quella del cambiamento dell’Italicum. E dalla minoranza hanno già avvertito: “Noi ribadiremo che il combinato disposto tra Italicum e ddl Boschi è pericoloso, che occorre cambiare la legge elettorale”. Secondo alcuni dem, infatti, di questo passo il Pd, alle politiche, rischia di essere battuto dal M5s e dal centrodestra senza neanche andare al ballottaggio. Perchè qualcuno ha sottolineato che “Il Pd così non esiste, c’è solo una forza appiattita sul governo”. Altri hanno avvertito: “Oggi più che mai, noi pensiamo che è arrivato il momento per tentare di riprenderci il partito”.
Le polemiche all’interno del Pd continueranno fino alla direzione
Intanto l’analisi del voto amministrativo e le polemiche all’interno del Pd continueranno fino alla data stabilita per la direzione, perchè le sconfitte di Roma e Torino a favore del MoVimento 5 Stelle hanno prodotto una serie di riflessioni e la minoranza interna è pronta a chiedere a Matteo Renzi un cambio di passo. Oggi l’ex segretario Pier Luigi Bersani ha partecipato alla trasmissione di Rai 3 Agorà e ha espresso la propria opinione in una lunga intervista al Corriere. Parlando ad Agorà Bersani ha dichiarato: “Le amministrative le ha perse il Pd, a me non piace caricare addosso a una persona sola. Certo, chi guida deve avere l’umiltà di riflettere. Abbiamo perso perché non abbiamo più il contatto con la realtà, che non è quella che si sta raccontando, che Renzi ci sta raccontando. E non è quella che ci raccontano i troppi amici, ci son troppi applausi in giro”. “Poi ci si sveglia il mattino e ci si accorge che la realtà è diversa, che noi appariamo troppo quelli dell’establishment: una sinistra deve andare dove sono i problemi e non trovarsi troppo dalla parte delle soluzioni”. “Per i risultati che vedo, credo che ci sia una disaffezione dell’elettorato di sinistra. Ci sarà un motivo”. Bersani ha continuato: “Abbiamo avuto sbandamenti che hanno incoraggiato un’idea di trasformismo”. E ha aggiunto: “La destra esiste, non è vero che è scomparsa, molti dei nostri sono andati via. Il Pd è di sinistra? Bella domanda… Lo è poco. Non vedo altra possibilità che un Pd che si corregge. Senza un Pd di sinistra non si può governare il Paese”. Per Bersani si deve “recuperare l’anima del Pd”, perché l’Italia ha bisogno del Pd, il centrosinistra ha bisogno del Pd”.
Bersani: “Bisogna che il partito abbia una sua autonomia”
In merito alla questione del doppio incarico Bersani ha commentato: “Certo, se parliamo di partito bisogna che qualcuno ne abbia cura. E che il partito abbia una sua autonomia. E’ inevitabile che uno che fa il presidente del Consiglio e il segretario pensi di utilizzare il partito in una giusta logica di sostegno alle azioni del governo, ma non deve essere solo questo. Perché poi succede che mentre siamo in battaglia per le amministrative bisogna fare i banchetti sull’Imu o la Tasi… non è stata una grande idea”. L’ex segretario ha aggiunto: “Non ordina il dottore né di tenere assieme né separati i ruoli di premier e segretario. Ma fu Renzi a segnalare, col mio consenso, che il premier poteva essere diverso dal segretario. E’ una cosa ragionevole. Ma è solo una premessa: un partito vive di politica prima di tutto. Per recuperare una presenza sul territorio e una militanza dobbiamo dare voce ai temi sociali”.
In merito alla posizione sul referendum costituzionale, poi, l’ex segretario dem ha detto: “Suggerisco che non si demonizzi il no, si ragioni col no”. Ma ha sottolineato: “Non dubitino della mia coerenza nel voto, nessuno ha diritto di metterla in discussione”. “Voterò sì”. E ha aggiunto: “Ma sia chiaro che non condivido il modo di impostare questo referendum e, se continuano a brandire la campagna così e dire che se vince il no si dimette il governo, non mi vedranno ai banchetti a fare propaganda per il sì”.
Uno stato d’animo di “Profonda amarezza”
Ma è nell’intervista al Corriere che Pier Luigi Bersani ha dato libero sfogo al suo stato d’animo, come lui stesso l’ha definito di “Profonda amarezza”. “Qualche gufologo imbecille può pensare che io sia contento. Invece per me è una giornata amara, più o meno come quella dei 101”. Bersani si è riferito al tradimento del 2013. “Sì, non possiamo buttare via un patrimonio. E poi insomma, il Pd è la mia vita”. “Dobbiamo trovare la forza di reagire, reagire, reagire, guardando in faccia la realtà. Io vedo due dati. Al primo turno il Pd è sotto fra i quattro e i sei punti rispetto al 2011, nel secondo viene fuori che su 143 ballottaggi noi avevamo 90 sindaci, ora ne abbiamo 45. Se qualcuno pensa di edulcorare questo dato, vuol dire che Dio lo sta accecando. E se vogliamo reagire non si parli per favore di voto locale e di fisionomie dei candidati”. Bersani ha fatto notare che “Ovunque sono stato ho percepito disagio e una difficoltà a muovere il nostro elettorato. Ho cercato disperatamente di segnalare il problema e ora faccio un appello ai candidati, ai militanti, ai dirigenti. Dicano in sincerità quello che hanno trovato sul campo, perché di conformismo si può morire. Mi limito a invocare una riflessione onesta che ci metta in condizioni di reagire”. “Spesso la nostra narrazione non risulta al Paese e le carezze che ci fa l’establishment, compresa parte dell’informazione, ci fanno velo sulla realtà. L’incertezza prevale, la forbice sociale si allarga e c’è un distacco di tutte le periferie, territoriali, sociali, culturali”.
Ci sono temi sociali rimossi
Non aver detto a Marchionne “non sarà mica vero che porti la sede fiscale fuori d’Italia”… bisognava farlo. Diglielo, no? Perché non si può essere quelli che parlano dei voucher e stanno zitti su una cosa del genere. Non si vive di solo pane”, ha continuato Bersani, “Ci sono temi sociali rimossi. Puoi anche andare a inaugurare il Gottardo ma anche essere dov’è una frana. Bisogna ricordarsi che c’è un’Italia periferica. C’è Bottura, dal quale andrò, e ci sono anche le periferie. E secondo me chi governa deve partire da qui. Ci sono le eccellenze ma anche un disagio diffuso che qualcuno deve interpretare. Se non lo interpretiamo noi qualcuno lo deve interpretare”.”E’ conclamato che la forbice sociale durante questa crisi in Europa, negli Stati Uniti e in Italia si è allargata in modo inedito dal dopoguerra. Dovrebbe essere un tema centrale o lo lasciamo solo a Bergoglio?”.
Altro che mucca in corridoio, era un toro
Quanto all’invito al premier a vedere “la mucca in corridoio”, Bersani ha spiegato: “Altro che mucca, un militante mi ha detto di aver visto un toro. Se esagero mi si corregga, ma non si dica che non c’è un problema, perchè il Pd è un pò anche mio e delle migliaia di militanti che si sono disamorati. Io non ho fatto altro che girare per portare i nostri a votare e fa rabbia sentirsi dare del gufo, del sabotatore”. “Forse, nella testa di qualcuno, questo disarmo della sinistra lo si può compensare surrogando la destra. Ma come si è visto la destra ha una sua strategia, non viene da noi. C’è un pezzo di Italia a cui sembriamo forti coi deboli e deboli coi forti, garruli sui voucher e muti sui banchieri che rovinano i risparmiatori. Troppo sulle soluzioni vere o presunte e poco sui problemi, che lasciamo agli altri”. Bersani ha attaccato sulle alleanze in parlamento volute da Renzi: “E’ una bugia, è una falsità” che parti del Pd abbiano lasciato il governo senza maggioranza, ho votato una cinquantina di fiducie. Non c’è mai stato bisogno di Verdini”. “Quest’idea che si possa surrogare la destra a partire da sinistra è un’idea demenziale. Quindi far evolvere la sinistra, non lasciarla ai vecchi tempi, sono stra-d’accordo, però perdere il concetto che sinistra è quel modo di vedere che difende il lavoratore, l’utente, il cittadino dalle prepotenze del mercato, se non sentono questo, la destra non ci viene in soccorso”.
Il territorio è un luogo dove ascoltare e imparare
“L’agenda la fa il governo con i banchetti a sostegno e si pensa al territorio come un luogo dove andare a spiegare, non dove ascoltare e imparare. Una pedagogia percepita come arroganza e isolamento”. “Non è un caso se vinciamo dove teniamo, anche se in modo precario, un certo campo di centrosinistra. Sala avrebbe mai vinto a Milano se non ci fosse stato, seppure lieve, un respiro di Ulivo?”. La frase del lanciafiamme di Renzi, poi, “c’è costata cara. L’altra settimana sono stato interrotto dai militanti che gridavano, perché si erano sentiti offesi”. “Qui si rischia di far scomparire il noi e questa è l’ultima occasione per correggere il tiro, non possiamo permetterci di perderla. Io davvero non lo so se abbiamo più tempo”.
In merito all’Italicum Bersani è stato chiaro: “Io non l’ho votato. Tutte le proposte che pretendono di semplificare all’eccesso il sistema attorno a poche figure favoriscono la piega demagogica e regressiva”. “Di fronte a un sommovimento profondo come quello europeo e italiano è bene ricordarsi l’insegnamento di Aldo Moro. Essere inclusivi, dandosi istituzioni e meccanismi elettorali che abbiano gradi di flessibilità e non di rigidità. Semplificare è pericoloso, l’Italicum va cambiato”.
Bersani: “In Parlamento ho votato sì, quindi voterò sì”
Sul sì al referendum Bersani non ha cambiato idea: “Avendo votato la riforma, non credo di dover prendere lezioni di coerenza. Voterò sì perché voglio guardarmi allo specchio, in Parlamento ho votato sì, quindi voterò sì”, però ha avvisato di non condividere il modo in cui si sta conducendo la campagna. “Non vedo un grandissimo problema sul referendum, purché si ragioni. Io la riforma l’ho votata, ha luci ed ombre. Se la si gestisce come se fosse un referendum pro o contro Renzi, si corre qualche rischio in più, perchè più che ammucchiarsi tutti contro, credo sia mal sopportato il tema di legare la Costituzione a una vicenda di governo e di leadership”. “Fior di costituzionalisti, senza demonizzare la riforma, mal sopportano che si forzi in senso plebiscitario. Suggerisco che non si demonizzi il no, si ragioni col no”. “Se la campagna referendaria però verrà brandita nel modo che sto vedendo, se si va avanti nel titolare le feste dell’Unita’ “l’Italia che dice sì”, non mi vedranno ai banchetti. Perché non sono d’accordo a interpretarla nel senso che ogni governo si fa la sua Costituzione. Renzi non deve mettere in gioco se stesso sulla Costituzione: non l’ha fatto neanche De Gasperi…”. Ci ricordiamo come è stata fatta questa Costituzione? Ci ricordiamo che ci fu un ben altro cambio di governo, buttarono fuori i Comunisti dopo il viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti? Ma si andò avanti a fare la Costituzione. Se la interpreti in altro modo, che ogni governo si fa la sua Costituzione, magari con un Parlamento che puoi comandare a bacchetta perché l’hai fatto eleggere tu, l’hai nominato tu, stiamo entrando in un altro sistema”.
Bersani: “Il Pd rischia di fare il percorso inverso al M5s”
Infine, in merito alle dichiarazioni in base a cui il M5S sarebbe pronto a governare il Paese, Bersani ha detto: “Hanno certamente aspetti più che criticabili. Ambiguità, demagogia, integralismo, ma non mi metto coi poco di buono per fermarli, preferisco sfidarli con un riformismo radicale. Detto questo, stanno facendo uno sforzo per passare dall’essere un partito personale a un collettivo e radicarsi nei territori. Faranno fatica, ma non si può non vedere il cambiamento, mentre il Pd rischia di fare il percorso inverso”.