Di prima mattina, sulle agenzie di stampa, sono arrivate le prime conseguenze del voto della Gran Bretagna a favore dell’uscita dall’Unione europea.
Annullata la direzione nazionale del Pd di oggi
Almeno nelle motivazioni ufficiali, infatti, l’attesa riunione della direzione del Pd che era prevista per questo pomeriggio alle 15.00, è stata annullata e rimandata probabilmente a venerdì prossimo primo luglio. L’agenzia Ansa ha scritto: “La direzione del Pd, prevista per questo pomeriggio, è stata rinviata probabilmente a venerdì della prossima settimana”, citando fonti del Partito e collegando la decisione proprio all’esito del referendum sulla Brexit nel Regno Unito.
La direzione nazionale del Partito democratico era stata convocata lunedì scorso dal premier Matteo Renzi e avrebbe dovuto affrontare l’analisi del voto ai ballottaggi delle elezioni amministrative del 19 giugno scorso. Nelle intenzioni di Renzi e della minoranza quella di oggi doveva essere l’occasione per fare il punto sulla situazione del Pd. Fino a ieri all’interno del partito la tensione era altissima e la minoranza interna si era riunita al Nazareno in vista della direzione di oggi.
L’analisi della sconfitta alle amministrative
L’intervento di Roberto Speranza era stato un’analisi della sconfitta alle amministrative. Speranza ha chiesto nuovamente la fine del doppio incarico premier-segretario e ha lanciato la sfida al governo minacciando di non votare più in parlamento provvedimenti non condivisi. La critica rivolta al governo Renzi è stata di aver abbandonato i ceti popolari creando la percezione di un Pd partito dei poteri forti. Per la minoranza, nello specifico, l’esecutivo Renzi ha commesso errori imperdonabili come l’abolizione dell’Imu per i più ricchi, il varo di una riforma della scuola contro gli insegnanti e l’aver ignorato i sindacati. Nella sua relazione, inoltre, Speranza ha addebitato al premier alleanze improprie con i verdiniani, la campagna astensionista sulle trivelle, l’errore della personalizzazione del referendum sulla riforma costituzionale chiedendo “umiltà e ascolto” e la revisione della legge elettorale.
Guerini si era schierato in difesa di Orfini
Ieri, a rendere bollente il clima della giornata era stata anche la presa di posizione del ministro Marianna Madia che aveva chiesto le dimissioni del presidente del Pd e commissario del partito di Roma, Matteo Orfini, addebitandogli parte della sconfitta per il Campidoglio. In sua difesa si era schierato il vicesegretario del partito, Lorenzo Guerini, invitando tutti a toni più sobri e a riprendere il dialogo con i cittadini.
Prima dell’esito del referendum sulla Brexit, il premier Matteo Renzi, in un’intervista a La Stampa, aveva provato a rilanciare la sua azione dentro il Partito Democratico e al governo, preannunciando quello che avrebbe dichiarato alla direzione nazionale: “Mi viene da sorridere a guardare la piccola folla che pensa di scendere dal carro del presunto sconfitto, con la stessa rapidità con la quale ci era salita. È normale. Non mi sorprendo e non mi spavento. Ma al mio partito farò un discorso chiaro: un discorso che somiglierà ad una sfida”.
Renzi: “Qual è l’alternativa al modello organizzativo attuale?”
Respingendo l’accusa di aver abbandonato il Pd al suo destino, senza curarsi dei territori, Renzi aveva detto: “È dieci anni che il Pd discute di se stesso, della forma partito, con chi lo vuole solido e chi lo vuole liquido. Io non ho toccato nulla di quel che ho trovato, ho fatto campagna elettorale ovunque, sono tutte le domeniche alla scuola di partito… Il punto è: qual è l’alternativa al modello organizzativo attuale? Io porrò il problema in Direzione in modo molto franco. Abbiamo una rete sul territorio eccezionale: ma questa rete va usata, e non sempre avviene. Non solo: questo partito, in passato, aveva smesso di funzionare ed era diventato ostaggio delle correnti nazionali, per cui il luogo della sintesi erano i “caminetti”. Dunque: finché io faccio il segretario del Pd, “caminetti” non se ne fanno. Volete il partito delle correnti? Allora cacciate me”.
Sul fronte della segreteria Pd, il premier aveva affermato: “La gestione è già unitaria, la segreteria è già unitaria. Vogliamo cambiare? Io non ho preclusioni. Ma è importante l’analisi di partenza: non siamo nella situazione di tracollo del Pd che viene descritta sui giornali o in Transatlantico. Certo, abbiamo perso comuni importantissimi, come Roma e Torino, abbiamo preso un colpo e brucia, fa male. Ma succede di perdere delle amministrative, non si può sempre vincere dappertutto. E dalle sconfitte si può imparare, comunque, se si vuole. Lo Statuto non prevede un segretario che si occupi a tempo pieno del Pd. Vogliono cambiare lo Statuto? Qualcuno si alzi, lo dica e spieghi qual è il modello alternativo che propone”.
Il Pd sfidato dal suo segretario
Renzi aveva concluso: “Devo cambiare qualcosa? Certamente ho qualcosa da cambiare anch’io. Magari nei toni, nello stile, vedremo…”. “Il senso di quest’intervista potrebbe essere: il Pd viene sfidato in positivo dal suo segretario. E li avviso: se vogliono passare le giornate a continuare ad attaccarmi, facciano pure. Ma io, da dopo Brexit ed il Consiglio europeo, me ne andrò in giro per il Paese a fare iniziative per il referendum costituzionale”.